sabato 27 gennaio 2018

DIMENTICARE, SAREBBE UN DELITTO.



Sono trascorsi 70 anni da allora: ma rimane intatto, specie in chi abbia un ricordo 'materiale' e quindi 'tangibile e concreto', uno sgomento profondo, terribile.

Si deve ricordare: perché tanta efferatezza, tanta crudeltà, non abbiano a ripetersi.
In qualunque parte del Mondo.
Sotto qualsivoglia bandiera.
Per qualsiasi motivo.

Così come non deve rinnovarsi alcuna forma di violenza, di sopraffazione - tanto morale che fisica - a danno di chi possa non pensarla come noi, o avere origini, idee, concezioni sociali, diverse dalle nostre o avere caratteristiche di 'debolezza' e 'fragilità' sociale, religiosa, culturale, economica.

Non dimentichiamo.
La barbarie non ha distinzione.

Ma non dimentichiamo anche che tutti i morti sono uguali, specie nella tragedia: smettiamola di catalogare anche i morti, specie se si vanno a citare le mani che li uccisero, quasi che certi morti siano 'speciali' perchè 'speciali' furono le mani che li uccisero, mentre altri possono essere 'meno speciali'.  

Oggi, ricordando in particolare quei sei milioni di nostri Fratelli e Sorelle assassinati per mano nazista attraverso l'efficiente macchina militare tedesca,  con i gas o con i forni crematori o altro, ricordiamo tutti i morti seminati dalla malvagità umana.

Uomini e Donne, Bambini e Anziani, demonizzati e uccisi solo perché allora si trovarono dalla parte sbagliata: davanti la canna di una pistola, di un mitra, di un cannone, o nelle liste preparate da solerti funzionari tedeschi.
Catalogando. 
Differenziando.
Schedando su una qualche base, per dividere, per differenziare: con il fine di uccidere, ma anche per confinare nei campi di concentramento. 
Ma anche chi oggi dà enfasi formale al proprio ricordo, cade nell'errore di ricordare a seconda di catalogazioni.
Di qua i 'buoni', di là i 'cattivi', di qua i 'bianchi' e di là i 'neri' o i 'gialli' o i 'rossi'...
Ricadendo nell'errore delle omologazioni, delle catalogazioni,  delle differenziazioni, di una sorta di schedatura - ancorché morale, ma comunque a tinte forti - di chi possa pensare o agire con sfumature diverse da quelle altrui.

Le vittime della Shoah furono uccise in nome di pessime, aberranti, ideologie, che oggi non meritano neanche di essere ricordate attraverso delle citazioni che danno, purtroppo, un certa fastidiosa sensazione comunque evocativa. Tirandole periodicamente fuori e togliendo loro di dosso la polvere e le incrostazioni di un deprecato, ignobile,  passato e di un oblio che possa alfine seppellirle.

Un Popolo, Una Nazione, al pari di pagine fulgide e sfolgoranti, possono avere delle macchie nella loro Storia, causate da chi ebbe a governarli nel tempo, nei tempi. Poiché c'è sempre qualcuno che dà un ordine, una disposizione...
Ma le macchie non si cancellano sovrapponendovi altre macchie: così che il detto evangelico "chi é senza peccato, scagli la prima pietra!" dovrebbe essere sempre tenuto ben presente, evitando enunciati persino temerari.
L'Italia ed il Popolo Italiano hanno con serietà, capacità e sacrificio, cancellato l'onta: anche se la memoria storica, proprio attraverso i testi di Storia, rimane quale traccia indelebile. 
Così com'è giusto che sia per ogni fatto che la Storia, in quanto tale, ci riporta e tramanda, al pari di un monumento, di un obelisco, di una pergamena.

Certamente non seppellendo alcunché nell'oblio assoluto: tanto per dare senso e solennità a un sentimento diffuso di condanna, quanto - e con ancor maggior fermezza - per non ripetere gli errori del passato.

Ma, alfine, rispettiamoli tutti, questi morti! 
Ricordiamoli tutti con uguale trasporto dell'animo... Non dimentichiamoli!
I morti non hanno colore e, nello stesso momento che sono trapassati, non hanno più passioni, idee politiche e sociali, ideologie, remore legate al sesso o al colore della pelle o alla loro fede, né forme di amore o di odio.

La Shoah, l'Olocausto degli ebrei, fu tremendo: ma - Storia alla mano - fu tremendo tanto quanto altre uccisioni di massa, veri e propri olocausti,  perpetrati da governi e regimi. 
Il più grande dei quali, che contò oltre 50 milioni di morti, fu perpetrato proprio dagli ispiratori ideologici e dai militanti di espressioni politiche ancora operanti in molti Paesi e caratterizzati dalla coercizione del libero pensiero, dalla demonizzazione dell'avversario, da un'idea malata di pseudo-democrazia, dall'odio di classe, dall'appiattimento culturale e sociale, dall'innesco della lotta tra generazioni; con tanta propensione a smantellare ciò che esiste per poi costruire un qualcosa che migliore non è, ma è certamente controllabile,   

Roma, 27 Gennaio 2018                     
Giuseppe Bellantonio


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