lunedì 8 dicembre 2014

TRE NUOVI ARTICOLI...

I Lettori ormai da tempo hanno dimostrato grande attenzione e vivo apprezzamento per gli articoli a firma del Prof. Salvatore Sfrecola - Alto Magistrato della Corte dei conti -: articoli che periodicamente ci fa piacere proporre alla loro cortese attenzione .
Quest'oggi ne proponiamo ben tre: uno pubblicato sul sito "Contabilita' Pubblica", affronta lo spinoso tema della corruzione;  gli altri due - pubblicati sulle pagine web di "Un Sogno Italiano" - trattano l'uno delle follie tipiche di amministrazioni iper- burocratizzate sempre più lontane dalle reali esigenze dei Cittadini,  e  l'altro della ricerca di un centro-destra credibile.
Siamo certi della rinnovata attenzione dei Lettori, che cordialmente ringraziamo.
 
 Roma,   8 Dicembre 2014                                                   Giuseppe Bellantonio

 
La corruzione è necessariamente bipartisan.
Corrotti, corruttori, oppositori “distratti” e controllori a volte latitanti

di Salvatore Sfrecola

          Sono in molti a mostrarsi stupiti del fatto che le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Roma su episodi di corruzione che hanno visto coinvolti oltre 100 amministratori e funzionari pubblici abbiano riguardato appartenenti alla destra e alla sinistra uniti in un consorzio criminale che li ha portati ad arricchirsi ai danni della finanza pubblica.

Stupisce lo stupore che non è chiaro se manifestato in buona fede o per colpevole dabbenaggine perché è evidente che questi comportamenti corruttivi presuppongono la connivenza di chi è all’opposizione oppure una colpevole distrazione rispetto all’attenzione che in un regime democratico ma riservata a chi governa. Ugualmente latitanti appaiono all’evidenza gli organi di controllo, considerato che le operazioni che gravano sulla finanza pubblica sono facilmente riconoscibili da parte di chi è chiamato a verifiche di legittimità, di regolarità contabile e di efficienza. Voglio dire che l’intesa criminale diretta ad assunzioni non consentite, ad acquisti non necessari od a prezzi eccessivi ovvero con forniture scadenti costituiscono elementi indiziari i quali consentono al controllore interno od esterno di affondare le mani nella gestione illecita, fonte di danno.

Troppo spesso, invece, questi controlli sono formali, soprattutto quando effettuati da organismi di controllo interno che, come diceva Beniamino Finocchiaro, sono per definizione inutili quanto alla loro capacità di intercettare l’illecito. Trattasi, infatti, di organismi che vedono coinvolti soggetti dell’amministrazione colleghi di coloro i quali hanno effettuato per disposizione o d’intensa con il politico corrotto acquisti di beni o servizi a danno della finanza pubblica.

In questa fase nella quale l’Autorità Nazionale Anticorruzione si è andata strutturando in modo più funzionale all’attività che le è stata affidata dalla legge 190 del 2012 con alla Presidenza un magistrato di valore, Raffaele Cantone, con una lunga esperienza di lotta alla criminalità che persegue i suoi obiettivi anche attraverso l’inserimento in procedure amministrative dirette alla utilizzazione di risorse pubbliche, è evidente che l’indagine di elezione per comprendere i fenomeni di devianza dalla legalità e dalla regolarità contabile va fatta attraverso la verifica delle procedure di appalto di lavori o servizi, la congruità dei prezzi, la verifica puntuale della corrispondenza del prodotto fornito alle prescrizioni contrattuali sotto ogni profilo.

Fatti macroscopici come quelli che vanno emergendo nella indagine della magistratura romana non possono sfuggire ad un’attenta analisi degli uffici e degli organi di controllo politici e amministrativi. Se questo avviene, se, cioè, procedure piegate a consentire illeciti guadagni passano indenni dagli uffici amministrativi e di controllo significa che qualcuno in una di queste istanze non ha fatto fino in fondo il proprio dovere e non ha saputo utilizzare gli strumenti di verifica esistenti per accertare la regolarità e la legalità nelle azioni delle pubbliche amministrazioni. Per quanto raffinati possano essere i comportamenti criminali attuati a danno delle finanze pubbliche è evidente che al di là del profilo strettamente penale chi è chiamato a esercitare le funzioni di controllo politico o amministrativo contabile è in condizione di intercettare comportamenti magari formalmente corretti ma sostanzialmente in contrasto con gli interessi pubblici. Ciò che fa scattare la responsabilità per danno erariale con addebito delle somme illecitamente spese ai responsabili politici e amministrativi.

C’è da augurarsi che l’esperienza dell’indagine penale di cui oggi i giornali parlano e della quale si diceva da tempo nei corridori dei palazzi romani faccia scattare un campanello d’allarme perché la classe politica più consapevole assuma le proprie responsabilità e vigili sui propri componenti che mirano ad avvantaggiarsi a fini personali utilizzando posizioni di potere ai vari livelli dell’organizzazione pubblica. È un dovere verso i cittadini che in questo momento soffrono delle gravi condizioni economiche che riducono i consumi falcidiano i posti di lavoro e aggravano le posizioni delle famiglie. È un dovere della classe politica anche verso se stessa, per non perdere quella credibilità che è il fondamento della democrazia oggi appare gravemente compromessa, come dimostra la consistente disaffezione elettorale.

3 dicembre 2014

Esempi per incominciare
Follie burocratiche che (giustamente)
indignano il cittadino
di Salvatore Sfrecola
 
Ce n’è per tutti. E di volta in volta segnaleremo le follie della burocrazia per l’inutilità di procedure che costituiscono un peso per la gente senza alcun vantaggio per l’erario.
Due follie riguardanti le sanzioni in materia di violazione al Codice della strada che interessano tutti cittadini. Riguarda Roma, ma vale per tutti. Auto parcheggiata in divieto di sosta. L’agente della Polizia Municipale non lascia l’avviso perché, si legge nel verbale, “in assenza del trasgressore e del proprietario”. L’italiano è la logica sono approssimativi per quel “e” che farebbe intendere che debbano essere presenti entrambi. In ogni caso un tempo l’agente lasciava l’avviso con l’indicazione dell’importo da pagare. In questo modo il cittadino provvedeva rapidamente al versamento dell’importo della sanzione, senza particolari disagi.
Troppo belle, troppo civile. Oggi, invece, il Comune invia al proprietario dell’autoveicolo il messo notificatore, un agente della Polizia Municipale che bussa alla porta di mattina quando, nella normalmente in casa non c’è nessuno. Non c’è chi è al lavoro e chi lo cerca.
In ogni caso il messo notificatore non lascia traccia della sua visita.
A questo punto il Comando locale della Polizia Municipale notifica con lettera raccomandata con avviso di ricevimento un avviso con il quale si avverte che il verbale è depositato nella Casa comunale, cioè presso il Comando della medesima Polizia. Se non si ha la fortuna di incontrare il postino questo lascia un avviso della raccomandata che occorre ritirare all’ufficio postale. Dall’avviso di deposito del verbale decorrono i cinque giorni per il pagamento della sanzione in forma ridotta. Il cittadino deve recarsi al Comando della Polizia Municipale per ritirare il verbale. Solo in quel momento saprà quale infrazione ha commesso e quale la sanzione deve pagare.
Tra ufficio postale, Comando della Polizia Municipale e di nuovo l’ufficio postale per pagare il bollettino (ma si può anche pagare dal tabaccaio e in sedi lontane chilometri dal luogo di residenza) il cittadino di una grande città non ha perso meno di una mattinata. Pagare se si è violato il Codice della strada è giusto ma un’amministrazione moderna, nell’anno di grazia 2014, dovrebbe facilitare e non aggravare con costi inutili il cittadino il quale avrà dovuto chiedere una mattinata di permesso il più delle volte con riduzione dello stipendio e, se libero professionista, avrà dovuto rinviare adempimenti del proprio lavoro. Il tempo ha un costo e l’Amministrazione non deve accrescerlo oltre il necessario in un realtà nella quale esistono strumenti di notifica e di pagamento adeguati all’era del computer.
A questo punto non si può fare a meno di richiamare una ulteriore variabile che riguarda il cittadino il quale abbia violato i limiti di velocità. Stessa procedura, con l’aggravante di dover riempire un apposito modulo per dire alle amministrazioni chi era alla guida ai fini della riduzione dei punti della patente. Una dichiarazione che va fatta anche nel caso che alla guida sia lo stesso proprietario del mezzo. Mi chiedo che senso ha. Basterebbe limitare la comunicazione ai casi nei quali alla guida non è proprietario. Mi sembra di ricordare che un tempo era così. Chi ha deciso la modifica era evidentemente un sadico che ha voluto aggravare la posizione del debitore dell’amministrazione. Naturalmente ci sarà chi è pronto a giustificare questa procedura, magari con riferimento a qualche pronuncia di un giudice di pace. In ogni caso l’omessa comunicazione del soggetto alla guida è sanzionata pesantemente.
Morale? Uno spaccato di incredibile complicazione burocratica rispetto alla quale il cittadino giustamente s’indigna. E siccome il cittadino non è solamente un utente della strada ma ha anche altre occasioni di incontrarsi con la burocrazia la somma di queste inefficienze fa presto la misura coma.
Tasse, balzelli, perdite di tempo inutili sono una cosa che dovrebbe preoccupare coloro che ricercano il consenso e si dicono attenti alle esigenze della gente.
Che qualcuna delle autorità interessate a questa normativa presti attenzione a questa mia segnalazione? Sarebbe un gesto di grande intelligenza politica e magari potrebbe aprire la strada ad altre semplificazioni di quella miriade di pastoie burocratiche incomprensibili ma soprattutto inutili. Anche perché è evidente che dietro questa complicazione ci sono uomini e donne che prendono nota, compilano registri, inviano raccomandate e via discorrendo.
30 novembre 2014

Alla ricerca di un centro-destra autorevole e credibile
di Salvatore Sfrecola
 
“Un centrodestra attivo dovrebbe partire dalle idee e scendere verso i programmi, con la credibilità delle persone”, così Gennaro Sangiuliano riassume una interessante riflessione pubblicata su Il sole 24 ore del 25 novembre, all’indomani del voto regionale che in Emilia-Romagna e Calabria ha certificato lo sfaldamento del centrodestra. Pertanto, “un centro-destra da rifondare”, nella convinzione che la scomparsa del blocco moderato limiterebbe la nostra democrazia.
Sangiuliano richiama iniziando il Manifesto dei conservatori di Giuseppe Prezzolini, un classico della letteratura politica, nel quale l’autore formulò l’espressione “la destra che non c’è” per indicare il pesante deficit culturale che caratterizzava quel periodo della vita politica italiana. Il conservatorismo prezzoliniano, scrive Sangiuliano, era “sobrio e moderno, saldo nei valori e nelle identità, ispirato a Machiavelli, Vico, Hobbes, ai grandi tradizionalisti francesi, a Dostoevskij e Heidegger, con un richiamo alla destra storica che governò l’Italia post unitaria”. Un riferimento culturale che mette ancora più in risalto l’attuale “panorama di rovine, abitato da figure improvvisate, mediocri, tragicomiche, che connota oggi il centro-destra italiano”.
Analisi lucidissima di una tragedia annunciata lungo gli anni del berlusconismo ridanciano, incapace di un’offerta credibile sia sul piano dei valori, completamente dimenticati, che su quello della concreta capacità di governo della quale già ho scritto in “Un’occasione mancata” (Nuove Idee editore, Roma, 2006).
Intendiamoci bene. Il mondo dei moderati, dei liberali e dei cattolici è dotato di personalità ben inserite nel mondo della cultura e delle professioni. Tuttavia manca la proposta e, soprattutto, il proponente, cioè colui che sappia essere l’interprete politico di un pensiero che affonda le radici in una cultura di respiro europeo, quella alla quale si ispirarono i nostri grandi del Risorgimento (ricordiamo Cavour statista europeo). Manca, come dicevo richiamando all’inizio di questa breve riflessione le parole di Sangiuliano, chi traduca le idee in programmi credibili, facilmente comprensibili, idonei ad aggregare consenso. Quel che è riuscito a fare Matteo Renzi che peraltro è rimasto alle enunciazioni, agli slogan riassuntivi spesso del niente, ma che hanno coinvolto vasti strati della popolazione, anche se il dato elettorale più recente segnala un forte assenteismo nella sinistra.
L’analisi di Sangiuliano è perfettamente in linea con quella di un pensatore solido della destra italiana, Domenico Fisichella, il quale scrivendo su Opinioni Nuove, un periodico bimestrale e si pubblica a Padova in ambienti monarchici, ha scritto che “all’Italia serve una forza politica che riscopra a rinnovi i suoi antichi valori risorgimentali e unitari”. Una destra “attendibile” e autorevole per recuperare “la rivendicazione dell’unità dello Stato nazionale, che significa forza contrattuale e di persuasione nel contesto europeo”.
Poche volte abbiamo letto una affermazione così profonda e importante, riferita al ruolo dello Stato nazionale nel contesto europeo laddove paghiamo lo scotto di un confuso e velleitario regionalismo che ci rende deboli nel confronto con gli altri Stati dell’Unione europea. Per cui ce la prendiamo sempre con qualcuno, con la Merkel di turno o con l’euro per nascondere la nostra incapacità di essere partner credibili in un contesto difficile ma che è l’unica speranza nel mondo globalizzato per l’Europa nel suo complesso e per gli Stati associati.
28 novembre 2014

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